Former posting: Theo Hobson: Milton’s vision: the Birth of Christian Liberty - “Blake learned from Milton to apply his prophetic style to the immanent Fall, the gulf between our best and worst attitudes. And I also see a (less direct) parallel in Nabokov’s novel Lolita. For it forces us to confront the adult’s exile from natural goodness, as well as childhood innocence, and our terrible attraction to witty evil. The voice of Humbert Humbert seduces its style-loving readers, makes Eves of them. // Humbert’s resemblance to Satan is foregrounded at the beginning of Chapter Thirteen. The narrator comes downstairs in his pyjamas and dressing-gown and finds his landlady’s twelve-year-old daughter bunking church[ ]. The scene is peppered with references to Paradise Lost. We are meant to associate our witty narrator with the Prince of Darkness himself. There are some rather obvious hints, including the fact that the tussle begins over the ‘Eden-red apple’ Lolita is eating [ ] He also tells us that his surreptitious act of self-gratification sets ‘all paradise loose’. // A subtler reference to Eden comes right at the start of the chapter [ ]The creeping and eavesdropping are quiet allusions to Book Nine of Paradise Lost, in which Satan takes on snakey form in order to spy on Eden… “(Ch. The Epics, p.153)
Present posting: The connection in Lolita between “creeping and eavesdropping” and Satan (in Theo Hobson’s developments related to John Milton’s Paradise Lost) intrigues me. This theme appears quite often in VN’s novels. There’s Quilty (thru HH’s lenses), there’s Pale Fire’s Kinbote, there’s Ada’s multiple “leavesdroppings”, with Blanche, photographer Kim, various other blackmailers and also Lucette’s angry green pursuit of her elder siblings (“spying on Eden”) that ends by destroying her. These examples don’t indicate a Satanic figure to me, although a “demonic” influence cannot be discarded. Still, would this hypothesis that links references to spying and Satan in Lolita provide a reasonable point of departure to understand anew those additional characters? I don’t think so. Nevertheless, Theo Hobson’s interpretation made me aware of the regularity in which the “eavesdropping” theme comes up in Nabokov’s works (I’m trying to avoid VN’s equally frequent reference, in Pale Fire at least, to “eavesdropping/paradise& hell” from the Freudian “primal scene”).
A new “sighting” (unfortunately almost inaccessible to me at present, beginning with the fact that the blog is in Italian, then, demanding of me a wealth of literary and historical knowledge that I don’t have…)* suggests a different non-metaphysical take on the matter. Real spies, Russian writers in Soviet Russia and political circumstances in Berlin as they were experienced by V.Nabokov and worked over in his novel “The Eye” (inspired by Lermontov’s style and tactics and advancing a step), as commented upon in his Lectures on Russian Literature and in his introduction to Lermontov’s “A Hero Of Our Time”.
Excerpts: “Lo spionaggio non è però solo qualcosa di concreto ma può essere anche visto come una strategia di informazione che si propone di svelare ai personaggi e poi al lettore determinati fatti in modo indiretto. Nell'introduzione al romanzo Un eroe del nostro tempo (1840) di Michail Lermontov, Vladimir Nabokov discute uno dei metodi grazie ai quali lo scrittore può mandare avanti l'intreccio, definendolo "eavesdropping", ovvero ascoltare di nascosto: molto spesso i personaggi principali del romanzo incontrano per puro caso qualcuno, assistono ad una scena importante per gli avvenimenti futuri e quasi sempre sentono una conversazione rivelatrice. L'uso continuo di queste strategie convince il lettore dell'esistenza di una sorta di fato superiore che domina tutta la narrazione. Secondo Nabokov queste tecniche, che si servono di quelle che poi sembrano ad una prima analisi semplici coincidenze, risultano obsolete se non addirittura stantie. //
Nel romanzo breve L'occhio (1930), Nabokov stesso propone un vero e proprio studio dei metodi fondamentali per fornire al lettore nuove informazioni e introdurre ulteriori aspetti dei personaggi. Tra questi abbiamo lo spionaggio, inteso però in modo diverso e più ampio rispetto all' "eavesdropping" di Lermontov. Le intercettazioni di cui Nabokov si serve sono infatti di vario tipo: materiale/letterario, in particolare lettere e stralci di biglietti; medianico, tramite appunto le grottesche sedute spiritiche tenute dal libraio ebreo Weinstock; uditivo, in questo ricordano l'origliare apparentemente casuale del romanzo di Lermontov; infine di un tipo nuovo che potremmo definire mentale, legato al ruolo particolare del narratore. Possiamo quindi dire che Nabokov utilizza in modo più variegato e meno banale gli stessi stratagemmi che un tempo erano stati del suo illustre predecessore Lermontov, dimostrando di averlo in un certo senso superato. Questi metodi diventano poi addirittura un tema che sta alla base del suo romanzo. Rispetto però allo stile di Lermontov, Nabokov sceglie un'ambientazione quotidiana e con la consueta ironia mette in scena una forte caratterizzazione dozzinale e "filistea", suo modo originale di definire una persona materiale e scontata, con una mentalità caratterizzata da idee correnti e convenzionali della cerchia e dell’epoca a cui appartiene.//
Nabokov aveva già parlato di spionaggio, sempre in modo molto ironico e alternativo, nelle sue Lezioni di letteratura russa (tenute alla Stanford University nel 1941 e pubblicate poi nel 1981 in inglese e nel 1987 in italiano). Qui scorreva in rassegna numerosi autori russi, donandoci perle di saggezza e di piccante sarcasmo...”
......................................................................................................................................................................................................................................................................................................
· GIOVEDÌ 23 LUGLIO 2015
Lo spionaggio nella letteratura russa tra Lermontov e Nabokov
Lo scrittore Michail Lermontov |
Lo spionaggio in Russia ha sempre avuto una certa importanza: già durante il regno dello zar Nicola I (1796-1855) era stato ideato un sistema di controllo e repressione sociale, a seguito della rivolta dei Decabristi (1825). Lo scrittore Michail Lermontov (1814-1841), personaggio avventuroso e romantico morto come Puškin in duello, subisce le persecuzioni del regno di Nicola I e viene inviato a combattere sul Caucaso per una poesia (La morte del poeta) considerata sovversiva.
Nel ‘900 invece il potere passa alle varie polizie politiche, tra cui la Čeka, antenata del celebre KGB. Vladimir Nabokov(1899-1977) lascia la Russia insieme alla famiglia dopo la rivoluzione del 1917 e si trasferisce in Gran Bretagna, poi a Berlino, Parigi e infine negli Stati Uniti. Condivide la vita degli émigrés e con loro anche il sospetto e il timore di essere circondato da occhi indiscreti. In seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, infatti, più di ventimila russi, tra cui molti scrittori e intellettuali, furono costretti ad abbandonare la loro patria per evitare il controllo, il silenzio o peggio la morte; si recarono in larga parte in Finlandia, poi in Francia, a Parigi.
Lo spionaggio non è però solo qualcosa di concreto ma può essere anche visto come una strategia di informazione che si propone di svelare ai personaggi e poi al lettore determinati fatti in modo indiretto. Nell'introduzione al romanzo Un eroe del nostro tempo (1840) di Michail Lermontov, Vladimir Nabokov discute uno dei metodi grazie ai quali lo scrittore può mandare avanti l'intreccio, definendolo "eavesdropping", ovvero ascoltare di nascosto: molto spesso i personaggi principali del romanzo incontrano per puro caso qualcuno, assistono ad una scena importante per gli avvenimenti futuri e quasi sempre sentono una conversazione rivelatrice. L'uso continuo di queste strategie convince il lettore dell'esistenza di una sorta di fato superiore che domina tutta la narrazione. Secondo Nabokov queste tecniche, che si servono di quelle che poi sembrano ad una prima analisi semplici coincidenze, risultano obsolete se non addirittura stantie.
Nel romanzo breve L'occhio (1930), Nabokov stesso propone un vero e proprio studio dei metodi fondamentali per fornire al lettore nuove informazioni e introdurre ulteriori aspetti dei personaggi. Tra questi abbiamo lo spionaggio, inteso però in modo diverso e più ampio rispetto all' "eavesdropping" di Lermontov. Le intercettazioni di cui Nabokov si serve sono infatti di vario tipo: materiale/letterario, in particolare lettere e stralci di biglietti; medianico, tramite appunto le grottesche sedute spiritiche tenute dal libraio ebreo Weinstock; uditivo, in questo ricordano l'origliare apparentemente casuale del romanzo di Lermontov; infine di un tipo nuovo che potremmo definire mentale, legato al ruolo particolare del narratore. Possiamo quindi dire che Nabokov utilizza in modo più variegato e meno banale gli stessi stratagemmi che un tempo erano stati del suo illustre predecessore Lermontov, dimostrando di averlo in un certo senso superato. Questi metodi diventano poi addirittura un tema che sta alla base del suo romanzo. Rispetto però allo stile di Lermontov, Nabokov sceglie un'ambientazione quotidiana e con la consueta ironia mette in scena una forte caratterizzazione dozzinale e "filistea", suo modo originale di definire una persona materiale e scontata, con una mentalità caratterizzata da idee correnti e convenzionali della cerchia e dell’epoca a cui appartiene.
Lo spionaggio si nasconde anche all’interno di noi stessi: ci analizziamo, scopriamo risvolti segreti e a volte ci nascondiamo dietro a un pensiero. Siamo spie perché veniamo a contatto con il nostro inconscio, spesso un’altra persona rispetto a noi, cerchiamo di capirlo e sfioriamo argomenti di cui a volte ignoriamo addirittura l’esistenza. Questo estremo spiarsi può essere anche inteso come una difesa dalla società in cui Nabokov e noi tutti siamo costretti a vivere. Creando dei finti alter ego e sdoppiando la nostra personalità riusciamo a non farci toccare troppo dal mondo; se veniamo feriti possiamo infatti prendere di volta in volta le distanze dall'immagine che proiettiamo in quel momento ed essere comunque sufficientemente sereni. Ed è proprio questo dividersi tra io pensante, costantemente dedito all'analisi e allo spionaggio di se stesso e del mondo, e io agente, interessato più che altro ai fatti immediati, che troviamo nel romanzo di Nabokov.
Vladimir Nabokov |
Un ultimo livello, infine, sempre riguardante lo spionaggio, è quello più realistico contenuto nella struttura e nell'ambientazione stessa de L’occhio, impostato in parte come un giallo o una spy story, se non addirittura nel titolo originale Sogljadataj, ovvero l’antico termine militare per definire le spie. Il risvolto militare si applica in questo caso al contesto politico-internazionale dell'Europa nel 1930 e dell'emigrazione russa. La Berlino che Nabokov racconta è infatti una città oscura e inquietante dove le spie sovietiche sembrano essere ovunque e gli émigrés russi si comportano in modo circospetto cercando di non dare troppo nell'occhio. Nabokov sceglie di ridicolizzare il protagonista, facendo di lui una macchietta, quasi una spia fallita: lo vediamo infatti più volte fraintendere una soffiata o non afferrare subito un chiaro riferimento. Sottolineando l’incapacità del personaggio, Nabokov riesce a raggiungere un obiettivo ancor più coraggioso e provocatorio, ovvero prendersi gioco di tutto il sistema di spionaggio sovietico, uno tra i più temibili e mortali, capace di colpire un russo espatriato anche a grandi distanze dalla madrepatria, e schernire allo stesso tempo le paranoie degli émigrés, spesso preda di pericoli dettati in parte dall’immaginazione.
Ad ogni modo l'obiettivo di Nabokov non è di tipo letterario ma nasconde più che altro un messaggio filosofico ed esistenziale condivisibile per quanto estremo. Il significato che sottende questo continuo spiare e soprattutto spiarsi è che in definitiva piuttosto che trovare la vera essenza del nostro io è sempre più facile continuare ad analizzarsi e cercarla. Ognuno di noi effettivamente non ha un solo carattere ben preciso ed è semplice rendersi conto di come spesso non siamo tutto quello che pensiamo di essere o di trasmettere. Per Nabokov esistono solo le varie interpretazioni che gli altri hanno di noi e queste spesso non coincidono tra di loro. Se L'occhio di Nabokov parte quindi come una ricerca quasi empirica dell'io più profondo del protagonista, l'analisi dell’autore si conclude dando una risposta negativa al problema riguardante la possibilità di conoscere più o meno esaurientemente l'animo umano.
. Nabokov aveva già parlato di spionaggio, sempre in modo molto ironico e alternativo, nelle sue Lezioni di letteratura russa (tenute alla Stanford University nel 1941 e pubblicate poi nel 1981 in inglese e nel 1987 in italiano). Qui scorreva in rassegna numerosi autori russi, donandoci perle di saggezza e di piccante sarcasmo. Tra le sue “vittime” abbiamo anche lo scrittore Maksim Gorkij (1868-1936), considerato il Cantore della Rivoluzione e padre del realismo socialista, poi morto di polmonite o forse sospetto avvelenamento. Nabokov descrive con precisione gli “agenti segreti” davanti alla casa di Nižnij Novgorod, dove Gorkij si era rifugiato, e riesce a ricreare un’atmosfera nebbiosa e cupa che immerge il lettore completamente: un poliziotto è seduto su una panchina e finge di guardare il cielo, un altro è appoggiato ad un lampione con un giornale aperto. Addirittura l’autista personale di Gorkij sembra coinvolto. Tutti si comportano in modo strano. Nabokov insinua in chi legge un dubbio più o meno esplicito: queste persone sono veramente agenti? Dal racconto traspare la sottile paranoia di essere osservati e la semplicità di vedere qualcosa di misterioso dietro ad attività apparentemente normali, fobia che aveva colpito addirittura Stalin negli ultimi anni del suo potere e della sua vita. Anche se, per esperienza letteraria, in Unione Sovietica le coincidenze non esistono, o meglio non esistevano, e lo spionaggio era una parola di uso comune ma sottaciuta da molti.
http://dustypagesinwonderland.blogspot.com.br/2015/07/lo-spionaggio-nella-letteratura-russa.html